Dopo
aver creato il mondo, Dio pose l’uomo in un giardino ad Eden dal
cui terreno spuntavano alberi di ogni sorta, attraenti per la vista e
carichi di frutti buoni da mangiare. Fra questi vi era l’albero
della vita nella parte più interna del giardino ed insieme ad esso
l’albero della conoscenza del bene e del male. Dio aveva permesso
all’uomo di mangiare da tutte le piante ma aveva proibito ad Adamo
di cibarsi dei frutti dell’albero del bene e del male dicendo che
qualora egli lo avesse fatto avrebbe senz’altro trovato la morte.
Poi il Signore creò la donna perché l’uomo avesse compagnia.
Proprio ad Eva il serpente, il più astuto degli animali, chiese se
il Signore avesse negato loro la possibilità di mangiare i frutti di
tutti gli alberi presenti nel giardino domanda alla quale ella
rispose come un solo frutto le fosse stato interdetto quello
dell’albero proibito. A queste parole il serpente si disse convinto
che l’avvertimento non avesse affatto l’obbiettivo di evitarle le
conseguenze letali del venefico frutto bensì quello di impedirle la
conoscenza del bene e del male che le avrebbe dato poteri divini. La
donna persuasa dal discorso del serpente decise così di
contravvenire all’ordine e di assaggiare i frutti dell’albero
proibito che si rivelarono gustosi tanto da spingerla ad offrirne
anche all’uomo. Immediatamente entrambi aprirono gli occhi e
rendendosi conto di essere nudi cercarono di coprirsi con le foglie
di un fico. Scoperta la colpevole disubbidienza Dio cacciò Adamo ed
Eva dall’Eden.
Con
questo passo della Genesi (3, 1-6) l’atto del mangiare fa il suo
ingresso nelle Sacre Scritture consegnandosi al dibattito esegetico e
alle molteplici interpretazioni dell’arte figurativa.
Il
peccato originale fu un peccato di gola? Analizziamo una delle tante
raffigurazioni dei progenitori: l'Adamo ed Eva di Albrecht Durer
datati 1507. La disposizione dei due personaggi rinnova sensibilmente
la tradizionale iconografia che li vuole simmetricamente disposti ai
lati dell’albero centrale. Entrambi colpevoli di aver disobbedito
all’Onnipotente tengono in mano la stessa fronda di melo. I frutti
sono chiaramente due mele. Sebbene tale frutto abbia antichissime
origini medioorientali, nella Genesi non sembra esservi alcun
riferimento esplicito a quella specie che tuttavia nella tradizione
pittorica nordica è spesso la prescelta. Una possibile spiegazione
sta nell’ambiguità del termine malum con il quale si
definisce in latino sia il frutto che il male. Come emblema del
peccato originale la mela gode di infinite esplicite citazioni in
dipinti di ogni genere, di ogni epoca e di ogni luogo geografico e
tuttavia sorge naturale la domanda: se la mela è l'emblema del
peccato, mangiare equivale a peccare? In realtà il dibattito
esegetico cristiano sembra spostare l’attenzione dall’azione
trasgressiva alla sua causa prima: la disobbedienza e tuttavia non vi
sarebbe stata disobbedienza se non ci fosse stata la fragilità
costituzionale dell’uomo espressa dalla fame, istinto primario, e
dalla gola che di questa pulsione è l'esaltazione.
E'
interessante notare come la Eva di Durer tenga la mela in mano ma
all'altezza del seno e non della bocca mentre l'espediente del ramo
con frutto che si protende a coprire i genitali di Adamo ancora una
volta esclude la bocca dal coinvolgimento visivo. Considerato che le
mele sono qui catalizzatori di attenzione, così disposte, sembrano
invitare lo spettatore a collegare la colpa al sesso piuttosto che al
cibo...
da S. Malaguzzi, Il Cibo e la Tavola, ELECTA (Dizionari dell’Arte), Milano 2006 e S. Malaguzzi, Arte e Cibo, Dossier, "Art e Dossier", 300, giugno 2013.
da S. Malaguzzi, Il Cibo e la Tavola, ELECTA (Dizionari dell’Arte), Milano 2006 e S. Malaguzzi, Arte e Cibo, Dossier, "Art e Dossier", 300, giugno 2013.
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