martedì 5 gennaio 2016

Ma il peccato originale fu un peccato di gola? L'Adamo ed Eva di Albrecht Durer al Prado

Dopo aver creato il mondo, Dio pose l’uomo in un giardino ad Eden dal cui terreno spuntavano alberi di ogni sorta, attraenti per la vista e carichi di frutti buoni da mangiare. Fra questi vi era l’albero della vita nella parte più interna del giardino ed insieme ad esso l’albero della conoscenza del bene e del male. Dio aveva permesso all’uomo di mangiare da tutte le piante ma aveva proibito ad Adamo di cibarsi dei frutti dell’albero del bene e del male dicendo che qualora egli lo avesse fatto avrebbe senz’altro trovato la morte. Poi il Signore creò la donna perché l’uomo avesse compagnia. Proprio ad Eva il serpente, il più astuto degli animali, chiese se il Signore avesse negato loro la possibilità di mangiare i frutti di tutti gli alberi presenti nel giardino domanda alla quale ella rispose come un solo frutto le fosse stato interdetto quello dell’albero proibito. A queste parole il serpente si disse convinto che l’avvertimento non avesse affatto l’obbiettivo di evitarle le conseguenze letali del venefico frutto bensì quello di impedirle la conoscenza del bene e del male che le avrebbe dato poteri divini. La donna persuasa dal discorso del serpente decise così di contravvenire all’ordine e di assaggiare i frutti dell’albero proibito che si rivelarono gustosi tanto da spingerla ad offrirne anche all’uomo. Immediatamente entrambi aprirono gli occhi e rendendosi conto di essere nudi cercarono di coprirsi con le foglie di un fico. Scoperta la colpevole disubbidienza Dio cacciò Adamo ed Eva dall’Eden.


Con questo passo della Genesi (3, 1-6) l’atto del mangiare fa il suo ingresso nelle Sacre Scritture consegnandosi al dibattito esegetico e alle molteplici interpretazioni dell’arte figurativa.



Il peccato originale fu un peccato di gola? Analizziamo una delle tante raffigurazioni dei progenitori: l'Adamo ed Eva di Albrecht Durer datati 1507. La disposizione dei due personaggi rinnova sensibilmente la tradizionale iconografia che li vuole simmetricamente disposti ai lati dell’albero centrale. Entrambi colpevoli di aver disobbedito all’Onnipotente tengono in mano la stessa fronda di melo. I frutti sono chiaramente due mele. Sebbene tale frutto abbia antichissime origini medioorientali, nella Genesi non sembra esservi alcun riferimento esplicito a quella specie che tuttavia nella tradizione pittorica nordica è spesso la prescelta. Una possibile spiegazione sta nell’ambiguità del termine malum con il quale si definisce in latino sia il frutto che il male. Come emblema del peccato originale la mela gode di infinite esplicite citazioni in dipinti di ogni genere, di ogni epoca e di ogni luogo geografico e tuttavia sorge naturale la domanda: se la mela è l'emblema del peccato, mangiare equivale a peccare? In realtà il dibattito esegetico cristiano sembra spostare l’attenzione dall’azione trasgressiva alla sua causa prima: la disobbedienza e tuttavia non vi sarebbe stata disobbedienza se non ci fosse stata la fragilità costituzionale dell’uomo espressa dalla fame, istinto primario, e dalla gola che di questa pulsione è l'esaltazione.
E' interessante notare come la Eva di Durer tenga la mela in mano ma all'altezza del seno e non della bocca mentre l'espediente del ramo con frutto che si protende a coprire i genitali di Adamo ancora una volta esclude la bocca dal coinvolgimento visivo. Considerato che le mele sono qui catalizzatori di attenzione, così disposte, sembrano invitare lo spettatore a collegare la colpa al sesso piuttosto che al cibo...

da S. Malaguzzi, Il Cibo e la Tavola, ELECTA (Dizionari dell’Arte), Milano 2006 e S. Malaguzzi, Arte e Cibo, Dossier, "Art e Dossier", 300, giugno 2013. 
 

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