Il
cacao fu scoperto da Cristoforo Colombo nel 1502 quando i suoi uomini
catturarono una canoa che conteneva misteriose mandorle scure usate
dagli indigeni del centro America come come monete.
In
Messico quando Cortes finì al cospetto di Montezuma e fu accolto
con grandi feste perché ritenuto una divinità, gli venne mostrata
una piantagione di alberi di cacao, cibo e moneta per gli Aztechi.
Dai semi polverizzati dei frutti dell’albero del cacao veniva
preparata la chocohlt
un alimento rituale capace di dare forza e ricchezza. Portato in
Spagna nel XVI secolo il cacao fu importato in quantità più
consistenti nel secolo seguente. Spetta infatti a Francesco
Carletti, un viaggiatore di quel secolo, il merito di aver insegnato
agli europei come preparare la cioccolata in tazza che divenne così
popolare da soppiantare il caffè. Nel Seicento la cioccolata si
diffonde dapprima in Spagna. Brillat Savarin nella Fisiologia
del gusto dice che essa
passò i Pirenei grazie ad Anna d’Austria la figlia di Filippo II
che andò in moglie a Luigi XIII. Dalla Francia passò quindi in
Italia ed in Inghilterra per poi guadagnare Olanda Germania e
Svizzera. Ma il secolo d’oro della cioccolata è il Settecento
epoca nella quale essa contende con il caffè e il tè il primato
delle bevande predilette dall’aristocrazia. In questo secolo alla
dolce pozione vengono dedicati trattati che, tessendone le lodi,
suggeriscono interessanti impieghi gastronomici come il trattato di
Vincenzo Corrado intitolato La
manovra della cioccolata e del caffè.
All’inizio il cioccolato in tazza veniva fatto con l’acqua e poi
venne reso più gustoso con il latte e talvolta la panna, o
zuccherato e vanigliato secondo una ricetta inventata dalle suore
missionarie. Bevanda di magro utilizzata in tutti i periodi del
digiuno gli stessi Gesuiti contribuirono a diffonderla al seguito del
pronunciamento di padre Escobar che il dolce liquido non rompeva il
digiuno.
La
bella cioccolataia dipinta da Jean Etienne Liotard nel
1743, durante il soggiorno viennese presso la corte asburgica di
Maria Teresa,
è una avvenente
cameriera raffigurata in atto di servire una tazza di cioccolata ad
un'invisibile padrona, una gentildonna settecentesca, sicuramente
aristocratica che immagniamo in desabillé mattutino. La ciocolataia
la serve con tutti i crismi del caso: sul vassoio di lacca, costosa
settecentesca chinoiserie, una tazza dalla caratteristica forma a
campana in porcellana (di Meissen?) resa più stabile sul piattino
dalla trembleuse, una struttura metallica congeniata per questo
scopo. Un bicchiere d'acqua era parte di questo piccolo ma raffinato
rituale alimentare. Questo raffinato brano di vita domestica celebra
la cioccolata come consuetudine aristocratica senza citare il
destinatario ma vista dalla parte di chi serve, con accuratezza,
dignità ed eleganza.
da S. Malaguzzi, Il Cibo e la Tavola, ELECTA (Dizionari dell’Arte), Milano 2006 e S. Malaguzzi, Arte e Cibo, Dossier, "Art e Dossier", 300, giugno 2013.
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