La
nascita del mercato rappresenta un capitolo significativo della
storia del commercio del cibo, fin dall’Antichità affidato
all’attività dei venditori ambulanti. Nel corso dei secoli fu
questa categoria a scegliere alcuni luoghi della città per
organizzarsi stabilmente o temporaneamente in modo efficiente.
Nacquero
così, dall’aggregazione di venditori ambulanti, le fiere e i
mercati nei quali a scadenze prefissate del calendario civile o
religioso gli ambulanti si raccoglievano per commercializzare i loro
prodotti. Nella Roma imperiale il mercato era un vero e proprio
specchio della potenza economica dell’Impero ove si poteva trovare
ogni genere di prodotto alimentare dal più ordinario al più
sofisticato. Durante il Medioevo con l’economia feudale
l’istituzione sembra temporaneamente tramontare per rinascere
tuttavia intorno al XIII secolo con il rifiorire dei nuclei
cittadini. Nelle città dal tardo Medioevo e fino all’inizio del
XIX secolo il mercato svolge un ruolo assai significativo
nell’affermarsi di costumi alimentari locali. Dalla seconda metà
del XVI sec. e per tutto il XVII le scene di mercato si affacciano
con frequenza nelle opere pittoriche dall’Italia alle Fiandre. Esse
celebrano l’abbondanza derivata dalla crescente fiducia nel
commercio, fonte primaria di ricchezza e per le nuove classi
emergenti. Le scene di mercato rispondono in quest’epoca allo
stesso spirito catalogatorio e curioso che animava il collezionismo
delle camere di meraviglie. Il XVIII sec. informa le scene di mercato
con un nuovo illuministico senso della sicurezza economica che si
traduceva nell’ottimistica sensazione di poter per sempre
sconfiggere la fame.
Una
consistente innovazione rispetto alla forma tradizionale, è, negli
anni Ottanta dell’Ottocento, la fromula del mercato coperto ove
l’attenzione del compratore è catturata dalle insegne commerciali
apposte sull’esterno degli edifici deputati a quest’uso.
Ottimismo illuminista e
gusto del pittoresco pervadono il Mercato della frutta di Firenze
dipinto intorno al 1777 da Johann Zoffany per il proprio personale
diletto. Un mazzo di carciofi ritratto insieme a cardi, sedano e
cipolle, ai piedi della friggitrice di frittelle fuga ogni dubbio
sull’ambientazione fiorentina dell’opera. I protagonisti: una
donna che frigge, sua figlia, un accattone e una giovane
fruttivendola dai volti caratterizzati mimano la scena con azioni ed
espressioni di efficacia teatrale. Eloquente e intenso lo sguardo che
la donna seduta scambia con l’accattone il quale, mano alla borsa,
sembra volerla rassicurare sulla possibilità di pagare la frittella
richiesta nonostante l' aspetto miserabile. Languido è invece lo
sguardo con il quale la diafana fruttivendola accompagna l’offerta
di un grappolo d’uva ad un invisibile avventore (escluso forse
dalla tela in un secondo momento) quasi la merce in vendita non fosse
tanto la frutta ma piuttosto la stessa giovane. Del resto l'uva è
l'origine del vino il portatore di ebbrezza per eccellenza, alleato
della seduzione da sempre. Curiosità e humour riflessi in questo
pittoresco brano di vita dipinta riconducono alla temperie
illuminista.
da S. Malaguzzi, Il Cibo e la Tavola, ELECTA (Dizionari dell’Arte), Milano 2006 e S. Malaguzzi, Arte e Cibo, Dossier, "Art e Dossier", 300, giugno 2013.
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