martedì 29 dicembre 2015

Una raccolta differenziata sui generis: il pavimento non spazzato dei Musei Vaticani fra decorazione e culto delle Ombre.

All'origine della raffigurazione alimentare c'è l'uso romano di decorare ad encausto sulle pareti degli atrii domestici brani di natura morta con una duplice funzione: decorativa e simbolica. Se la prima non richiede spiegazioni ulteriori, la seconda si radica nell'idea che gli alimenti esprimessero meglio di qualcunque altro soggetto l'ospitalità del padrone di casa presentandosi come vere e proprie offerte per i visitatori, da gustare solo con gli occhi. Dal loro rapporto con l'ospitalità traevano l'affascinante definizione di xenia ovvero doni (da Vitruvio), dal termine greco xènos straniero.
Una terza funzione ipotizzata dalla critica è quella rituale che ravvvisa in queste composizioni una destinazione cultuale come strumenti votivi, doni alle divinità o nutrimento virtuale per le ombre dei defunti lari ancora presenti negli ambienti di casa.
Le fonti letterarie forniscono descrizioni di quelle che Plinio definisce opere di “minor pictura” e che erano spesso espressioni di virtuosismo pittorico, capace di tradurre la realtà in illusionistiche simulazioni trompe l’oeil, né più né meno come faranno i pittori dell'età aurea della natura morta europea.
Fra le composizioni descritte dalle fonti e predilette dai greci e dai romani vi erano quelle con canestre di frutta con i fichi le pesche ed uva, o il vasellame di uso domestico o ancora la selvaggina appesa.

Un altro soggetto della natura morta romana è costituito da spazzatura le cui origini cultuali, di nutrimento per i trapassati, lasciarono il posto ad una funzione decorativa assai curiosa. E' il caso di questo frammento di mosaico del II° secolo d.C. conservato nei musei vaticani.


 
L’etichetta conviviale dell’epoca prevedeva che il cibo caduto a terra non fosse raccolto prima della fine del banchetto, quest’opera, pertanto, si ispirava alla realtà e tuttavia le valenze religiose del banchetto inducono a cercarvi possibili implicazioni spirituali. Prima di destinare definitivamente una sala alla consumazione dei pasti i Romani usavano mangiare nell’atrium ove giacevano, sepolti, gli antenati. Per questo tutto ciò che toccava il pavimento diveniva sacer, intoccabile e doveva essere lasciato a terra per essere in seguito bruciato in offerta ai Lari. Cristallizzando lo stato del pavimento durante il banchetto, il mosaico eternava un auspicabile equilibrio fra i convitati e le ombre, fra vivi e morti.
Quest'uso continua per tutto il Medioevo e anche durante il Rinascimento epoca nella quale era affidato ai cani il compito di 'spazzare' i resti durante i banchetti gentilizi.

da S. Malaguzzi, Il Cibo e la Tavola, ELECTA (Dizionari dell’Arte), Milano 2006 e S. Malaguzzi, Arte e Cibo, Dossier, "Art e Dossier", 300, giugno 2013. 

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