lunedì 7 dicembre 2015

Il vino del Bacco di Caravaggio agli Uffizi

Aristofane ne I cavalieri (89-97) dice: “Quando gli uomini bevono divengono ricchi, prosperano gli affari, vincono le cause, sono felici e aiutano gli amici”...questo è del vino il lato edonistico e più squisitamente terreno e tuttavia, già nell'Antichità classica, questo misterioso nettare svolgeva una riconosciuta funzione spirituale. I Greci consegnano a Dioniso i riti e i costumi della vendemmia poiché il giovane dio pellegrino e pugnace nella sosta a Naxos, con la sposa Arianna, insegnò agli uomini la coltivazione della vite. Nel simposio greco il vino seguiva l’ultima pietanza ed aveva un ruolo fondamentale per il carattere magico dell’ebbrezza dionisiaca poiché, modificando lo stato di coscienza, era riconosciuto dai filosofi come un mezzo per il superamento del sé e il raggiungimento di un contatto più stretto con il divino. Il culto greco del dio Dioniso penetra a Roma assumendo modalità del tutto analoghe, mentre il vino diviene protagonista anche nel convivio romano.
Non appartiene alla Antichità classica ma è un vero romano del popolo il Bacco di Caravaggio agli Uffizi: un adolescente dal volto paffuto e dal colorito rosato, forse per l'effetto di quello stesso vino che con fare invitante porge allo spettatore. La toga fatta in casa drappeggiata attorno al corpo e l'improvvisata corona di pampini e grappoli contrastano in modo leggero...quasi ironico... con le unghie sporche, i tratti veri e gli occhi vivi del realistico modello, suggerendo come l'erudita identificazione nascesse forse dal desiderio di compiacere il committente, il cardinale Francesco Maria del Monte più che di conferire al fanciullo l'aspetto nobile di una divinità pagana.




La bella coppa di vetro soffiato protesa dal giovane Bacco verso un ideale spettatore fa di questo vino dipinto la raffigurazione efficace ed immediata di una dichiarazione d'amicizia dipinta, voluta forse dal committente per suggellare la sua con Ferdinando de' Medici cui, con ogni probabilità, era destinata l'opera. L'altra mano sul fiocco nero farebbe pensare proprio all'espressione simbolica dell'amicizia intesa come piacevole legame dacché il fiocco unisce ed orna allo stesso tempo. La collocazione agli Uffizi sembrerebbe sottolineare questa versione dei fatti sostenuta da Claudio Pizzorusso (Amicizia di Bacco. Variazioni su un tema del Caravaggio, “Artista” 1998, pp. 8-17) che fa risalire il rapporto fra i due al periodo in cui Ferdinando era cardinale e risiedeva a Roma, prima di tornare a Firenze per prendere in mano, alla morte del fratello, le redini del Granducato.
La fruttiera, quasi una firma dell'autore (rimanda alla canestra della Pinacoteca Ambrosiana e anche alla Cena in Emmaus della National Gallery), sembra qui fare da contraltare al vino: laddove essa è appoggiata mentre il calice le è sospeso sopra. Forse Caravaggio con la fruttiera di frutta in avanzato stato di maturazione voleva sottolineare come sebbene il sapore dolce dei piaceri terreni sia destinato a svanire con il trascorrere del tempo, il valore spirituale dell'amicizia trascendendo il piano della materia sia destinato a rimanere inalterato come un buon vino vecchio.

da S. Malaguzzi,  Il Cibo e la Tavola, ELECTA (Dizionari dell’Arte), Milano 2006 e S. Malaguzzi, Arte e Vino, Dossier, "Art e Dossier", 268, Luglio-Agosto 2010. 



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