mercoledì 30 dicembre 2015

Politici di ieri: il banchetto elettorale di Hogarth

Il banchetto, convivium in latino ( da cum vivere), è l’emblema stesso della vita in comune nel cui ambito si coltivano i rapporti fra uomo ed uomo ma anche fra uomo e divinità. Dall’Antichità il banchetto costituiva un rituale sia sacro, per essere legato ad un sacrificio, che profano ma anche in questa seconda accezione conservava valenze ufficiali e celebrative che lo differenziavano da un pasto normale. Nel Medioevo e nel Rinascimento i grandi banchetti gentilizi erano un’occasione per esprimere il potere economico e sociale dell’aristocrazia che mostrava, nella capacità di organizzare quell’evento, la propria capacità strategica, il grado di civiltà e di buongusto di cui era dotato il signore e la potenza economica. Espressa nel banchetto la ricchezza non era interpretata come forma di potere utile solo a chi la possedeva ma come pubblica magnificentia, capace di provvedere alla comunità nei momenti di bisogno come le carestie.
Come consuetudine di ogni epoca e ogni cultura il banchetto è molto raffiguarato ma è soprattutto nel 600, che il convito si svincola dal soggetto storico o religioso per diventare un topos della scena di genere. E' il caso del banchetto della Campagna Elettorale di William Hogarth al Soan's Museum di Londra.






L'opera facente parte di un ciclo di quattro dipinti che illustrano la campagna elettorale, conserva la stessa marcata componente satirica della commedia di Henry Fielding, Don Quixote in England, alla quale si ispira.
Si distinguono due tavoli: uno rettangolare e l'altro rotondo. Seduto al primo un panciuto personaggio in toga da avvocato si è tolto la parrucca e si asciuga il sudore: ha finito la sua fatica e può finalmente festeggiare con la pietanza di carne che gli sta davanti sullo scaldavivande. Un osso ribadisce che il piatto forte al tavolo rettangolare è la carne. E' circondato di personaggi allegri e in grande agitazione: tutti si abbracciano, brindano, parlottano. Si tratta forse del partito vincente.
Al tavolo rotondo siede un personaggio panciuto come l'altro ma in condizioni ben peggiori. Davanti a lui una montagna di gusci di ostriche sembrano indicare che ha mangiato troppo ma la realtà è diversa: poco distante in posizione frontale, ben visibile allo spettatore, un gentiluomo ben vestito agita con la sinistra un pezzo di carta che indica con la destra: si tratta forse del risultato delle elezioni, il vero motivo per cui il leader (contraddistinto dalla parrucca) appare affranto e bisognoso del salasso che gli sta praticando il medico accanto. Se il leader è sofferente lo è ancora di più il commensale vicino colpito da un mattone alla testa. Le braccia spalancate, la bottiglia rovesciata e il libro abbandonato sottolineano la sua condizione. I particolari sono numerosi come i personaggi i cui visi e gesti aggiungono colore a questa pittoresca descrizione del momento clou delle elezioni.
Ciò che più rende quest'opera efficace e attuale è la metafora del banchetto come espressione dell'avidità di entrambi i partiti la cui unica differenza sta in fondo nel tipo diverso di tavolo e nelle diverse predilezioni alimentari. Un ultima considerazione sui tavoli: il rettangolare appartiene sicuramente al partito più conservatore perché la collocazione dei commensali varia con il variare del loro prestigio mentre il rotondo, dai posti tutti uguali, appartiene più probabilmente al partito più democratico. 

da S. Malaguzzi, Il Cibo e la Tavola, ELECTA (Dizionari dell’Arte), Milano 2006. 

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