La
polenta come composto di acqua e farina di cereali è un alimento
presente già nella cultura egizia ma era fatta d’orzo e non di
mais dacchè l'importazione del mais dall'america del sud risale
all'epoca dei conquistadores. E’ possibile che il termine polenta
derivi dalla parola tedesca pollen ovvero fior di farina ma c'è chi
sostiene che essa discenda dal vocabolo puls con il quale i latini
chiamavano un impasto a base di farro menzionato da Plinio e da
Apicio. Lo stesso tipo di cereali o anche orzo miglio e grano
saraceno, sminuzzati in un mortaio, amalgamati in un paiolo con acqua
e rimestati fino a cottura ultimata erano impiegati nella cucina
contadina medievale per polente da condire con olio o lardo di
maiale.Si trattava di un cibo destinato ai poveri e tale rimase anche
quando al posto della farina di fava, di farro o d’orzo fu
introdotto il granturco.
Il
mais giunse dall’America precolombiana grazie a Cristoforo Colombo,
che, nel suo Giornale
di Bordo,
non manca di parlare del cereale dicendo che ha un sapore gradevole e
che tutta la gente del paese vive di quello. In Europa la cultura del
mais si afferma gradatamente a partire da trent'anni dopo e ha il suo
apice nel 1630, anno in cui Venezia fu colpita da una tremenda
carestia. Per sconfiggere la fame si ricorse ai cereali e fra questi
anche al mais.
L’affermazione
definitiva del mais come ingrediente fondamentale della polenta
avvenne tuttavia nel Settecento e non più come alimento contadino ma
come esotica trovata gastronomica dei ceti più abbienti.
E’
nella sua qualità di alimento democratico caro al pensiero
illuminista e gloria patriottica della Repubblica di Venezia che
Pietro Longhi, cronista della vita veneziana, la elegge ad
attrazione centrale di questa scena di genere. In quest'opera (alla Ca' Rezzonico di Venezia) la scena si svolge
all'interno di una cucina piuttosto semplice di cui si intravede
l'ampio camino. In piedi una fanciulla sorridente tiene il bastone
con il quale ha girato la polenta mentre indica la cuoca in atto di
rovesciarla dal paiolo sul canovaccio. Sono loro le protagoniste
della scena o è la polenta?
Il
giovane musicista, intento a suonare una romantica serenata,
sembrerebbe più interessato alle fanciulle che al loro fumante
prodotto mentre l'altro, nel fissare con intensità la polenta,
toglie ogni dubbio sulle sue preferenze. Gli atteggiamenti eloquenti
dei due giovani ci permettono di osare un'interpretazione più
filosofica del dipinto nel quale il giovane musicista potrebbe
rappresentare il lato romantico dell'amore mentre quello affamato la
passione carnale. Dietro alla metafora dell'elaborazione gastronomica
della polenta potrebbe quindi celarsi un riferimento alle arti
seduttive femminili di cui le avvenenti cuoche dallo sguardo
malizioso sembrano essere esperte e consapevoli utilizzatrici.
da S. Malaguzzi, Il Cibo e la Tavola, ELECTA (Dizionari dell’Arte), Milano 2006 e S. Malaguzzi, Arte e Cibo, Dossier, "Art e Dossier", 300, giugno 2013.
da S. Malaguzzi, Il Cibo e la Tavola, ELECTA (Dizionari dell’Arte), Milano 2006 e S. Malaguzzi, Arte e Cibo, Dossier, "Art e Dossier", 300, giugno 2013.
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