I
Romani usavano l’espressione de ovo usque ad mala ovvero
dall’uovo alle mele per definire la completezza di un’azione
facendo riferimento alla consuetudine di cominciare il banchetto con
un uovo e concluderlo con la frutta.
Presente
nella cucina egizia l’uovo è un cibo antichissimo. I Greci
consumavano uova fin dall’età di Pericle e i Romani le usavano sia
per i dolci che per i contorni e per le salse, oltre a considerarle,
da sole, un eccellente cibo da colazione o un entrée all’inizio
del banchetto. E’ possibile che anche gli Etruschi avessero la
stessa abitudine dal momento che spesso nelle decorazioni parietali
delle tombe ove compaiono scene di banchetto, i convitati tengono in
mano un uovo, come richiamo ad una probabile consuetudine alimentare
pur con valenze esclatologiche. Cibo proibito nel digiuno quaresimale
insieme alla carne e ai formaggi, le uova erano tuttavia accettate da
qualche ordine religioso. Esse erano di consumo abituale alla mensa
medievale dei signori e accompagnavano la più nobile carne e il
formaggio come cibo povero ma prelibato. Venivano bollite, cotte in
camicia, strapazzate, stufate e fritte e usate per frittate di
verdura. Nutrienti ma semplici, le uova, fin dal Rinascimento,
venivano ritenute cibo ideale per la convalescenza o nel regime
alimentare seguente al parto.
Nella
Presentazione al Tempio di Tiziano (Venezia, Gallerie dell'Accademia) colpisce, ai piedi della
scalinata, la presenza di una vecchia con un cesto pieno di uova,
chiaramente una venditrice ambulante venuta dalla campagna nella
nobile Venezia. Cosa c'entra questo brano di genere in un dipinto
religioso? Non si tratta di un vezzo del pittore, di una licenza
poetica. Se analizziamo l'opera infatti vediamo che proprio in
corrispondenza del cesto, sulla scala c'è la piccola Maria
circondata di raggi luminosi. La storia, raccontata nella Legenda
Aurea di Jacopo da
Varazze, narra come la Vergine all’età di tre anni fosse condotta
al tempio dai genitori e da sola, pur piccolissima, salisse i
quindici gradini del tempio mostrando così che la strada della sua
santità era già segnata.
Nell’esegesi
biblica l’uovo, contenitore di vita, rappresenta la speranza di una
nuova nascita. Nel Mundus symbolicus di Filippo Picinelli,
l’uovo che al calore si schiude, rappresenterebbe l’utero della
Vergine che colpito dai raggi dello Spirito Santo ha generato Gesù
Cristo. Ecco dunque la spiegazione: le uova rappresentano qui la
fecondazione virginale di Maria.
da S. Malaguzzi, Il Cibo e la Tavola, ELECTA (Dizionari dell’Arte), Milano 2006.
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